Come cambieranno gli spazi? Questo momento di incertezza e allontanamento ci ha spinto a riflettere sulla nostra pratica e a rispondere a nuove domande emergenti. Dobbiamo indagare il ruolo del design nella ridefinizione della nostra vita quotidiana.

10) Quale delle nuove abitudini imposte dalla quarantena ci aiuterà a reinventare la nuova quotidianità?

Le relazioni umane sono state messe in discussione dall’allontanamento fisico. Queste nuove imposizioni possono diventare forme di consapevolezza e responsabilità, utili per costruire una nuova normalità. Occorre ripensare il concetto di intensità dei flussi, riscoprendo insieme una mobilità dolce e uno scambio di idee ed emozioni sempre più veloce, capace di adattarsi ai nuovi ritmi delle città.

 

9) Come possiamo incoraggiare la multidisciplinarietà e la condivisione delle conoscenze?

La creatività condivisa farà evolvere le discipline e le conoscenze. Genererà nuove forme di innovazioni culturali e di sviluppo della comunità. Attraverso la proposta di nuove prospettive e collaborazioni con sociologi, antropologi e politici locali potremo creare nuovi strumenti per ridisegnare il modo di vivere gli spazi e per evitare che le città diventino fonti di nuove e continue contaminazioni.

 

8) Come immaginiamo il futuro circondato da oggetti interconnessi?

Il potenziamento digitale spinto a forme estreme di controllo e sorveglianza come i droni, il riconoscimento facciale o la geo-localizzazione generale, è uno scenario da osservare con grande cautela. Riscopriamo gli spazi aperti: un futuro interconnesso capace di desincronizzare i ritmi delle città, evitare i grandi flussi di pendolari e valorizzare gli spazi ariosi e verdi, che ci sensibilizzeranno sulle scelte che facciamo verso la nostra responsabilità ambientale.

 

7) Possiamo reinventare l’infrastruttura digitale per migliorare l’impegno civico e sociale?

Le tecnologie digitali e i nuovi media possono diventare piattaforme di condivisione per la promozione e lo sviluppo sia urbano che territoriale. Nuove forme di appartenenza culturale, sociale e locale capaci di creare la formazione di nuove comunità di persone. Le città organizzate in piccoli centri urbani sono una scelta ragionevole, capace di ridurre la densità in luoghi di maggiore aggregazione: quartieri autosufficienti dove i cittadini raggiungeranno i servizi essenziali in 15 minuti. Una “città di quartiere” che non dovrà perdere l’intensità sociale di scambio che è quella che la città, nel suo insieme, offre.

 

6) Quali oggetti e dispositivi personali saranno indispensabili per poter vivere?

Dobbiamo immaginare un futuro prossimo arricchito da spazi e luoghi adattabili, che possono cambiare durante il giorno: mobili flessibili, durante le ore di luce, possono permetterci di trasformare una camera da letto in un luogo di lavoro e, quindi, letti in tavoli. Gli oggetti che ci circondano possono diventare soluzioni che garantiscono a tutti i cittadini di vivere e muoversi, senza compromettere la propria salute e quella della comunità. Gli oggetti potranno trasformare le abitudini attuali influenzate da questa situazione, in un modello in cui la convivenza, la mobilità e la salute giocano un ruolo fondamentale nella nostra vita.

 

5) Come possiamo riprogettare gli spazi intermedi per proteggere le nostre case?

Possiamo considerare lo spazio intermedio, tra la sfera privata e i flussi della città, come la prima linea di prevenzione, che diventa protezione multipla su diverse scale ed estensioni, degli spazi personali. Questi spazi di vita possono diventare più flessibili e attenti per accogliere diverse esigenze di lavoro e di svago. Non possiamo immaginare, come soluzione immediata, l’ampliamento delle case. Tuttavia, possiamo immaginare, in breve tempo, di trasformare e adattare gli spazi comuni degli edifici, per esempio, favorendo la distribuzione di servizi igienici diagnostici, non solo a livello di “città di quartiere” ma anche a livello dei condomini.

 

4) Come può la dispersione diventare una soluzione per l’amministrazione e il controllo dei ritmi della città?

Nuovi spazi di prevenzione, educazione, lavoro e approvvigionamento introdotti a scala di quartiere, porteranno un’equa accessibilità e distribuzione dei servizi e un processo di decongestione dei flussi urbani. Coordinare i ritmi degli uffici e delle scuole, ci permetterà di evitare grandi flussi pendolari e, di conseguenza, di non sovraccaricare il trasporto pubblico. Il futuro può accogliere una nuova forma di urbanizzazione: la “megalopoli diffusa” in cui il decentramento dei servizi e la dispersione dei flussi diventano valori aggiunti. Allargando questa visione, anche la dispersione territoriale sarà un’occasione per ripensare la dimensione urbana. Riscopriamo una nuova connessione con i villaggi favorendo uno spostamento dalle città verso aree meno densamente popolate, per una continua ricerca di soluzioni per la valorizzazione e la sicurezza del territorio e delle comunità.

 

3) Come si adatteranno gli spazi del tempo libero, dei servizi e della cultura alle nuove misure sanitarie?

Cominciamo a portare “fuori” ciò che è “dentro”: dobbiamo ripensare gli spazi aperti come una sfida per affrontare le nuove necessità. Ogni negozio e servizio può essere dotato di uno spazio esterno e la natura dovrebbe giocare un ruolo sostanziale nella definizione del nuovo spazio urbano. Mai come ora i cittadini richiedono una vita pubblica all’aperto circondata dalla natura e dalle attività. La vendita al dettaglio, la cultura, lo sport e l’intrattenimento potrebbero estendersi sempre più su marciapiedi, piazze e spazi pubblici, riducendo le corsie per le auto per lasciare più spazio alla natura all’interno delle aree residenziali ad alta densità.

 

2) Come si adatterà la rete di mobilità ai nuovi modelli di transito e pendolarismo?

La diminuzione degli spostamenti, attualmente imposta, la dispersione dei servizi e i nuovi ritmi della città, sono il punto di partenza per ripensare una nuova mobilità che dovrà ridisegnare l’equilibrio tra infrastrutture e spazi pubblici. L’opportunità è quella di accelerare le politiche pubbliche sui temi della mobilità rendendosi conto che le città possono essere più vivibili senza la concentrazione di auto private. Dobbiamo promuovere una mobilità dolce – bici e scooter elettrici – adattando le strade a nuove piste ciclabili, filari di alberi e meno spazio per le auto, in modo che possa rigenerare la struttura della città verso una corretta transizione ecologica.

 

1) Può diventare un passo fondamentale per una sfida ecologica?

Dobbiamo immaginare la città del futuro, oggi fortemente condizionata dalle attuali misure di controllo e sicurezza, caratterizzata non solo dall’allontanamento sociale e dal monopolio della tecnologia, ma come un modello in cui convivenza, mobilità e salute giocano un ruolo fondamentale. Fermare il consumo del suolo, restituire al mondo gli spazi selvaggi che rimangono fuori dal controllo umano, limitare la mobilità da combustibili fossili e puntare sul verde, sono solo alcuni dei temi su cui puntare.
Dovremmo prendere le distanze dalla normalità che avevamo, perché è stata una delle cause della situazione attuale: sono i dati delle polveri sottili che spaventano – aumentando la fragilità polmonare di chi vive in zone ad alta densità di polveri sottili, facilmente assimilabili al contagio – oltre all’uso dei mezzi di trasporto privati, di cui è necessaria una forte riduzione. Dovremmo andare con resilienza verso una nuova era post-pandemica, più ecologica e pronta ad accettare nuove soluzioni: fonti rinnovabili e una nuova alleanza tra uomo e natura. Occorre attivare subito altrettanti grandi investimenti pubblici nell’edilizia tra cui: il controllo e il ripristino di tutte le infrastrutture, la ristrutturazione degli edifici pubblici e la sostituzione edilizia di tutte le strutture energivore, obsolete e degradate. Costruiamo una nuova alleanza tra uomo e natura capace di raggiungere forme di dialogo utili a riscoprire un’ecologia integrale.

Progetto: Stefano Boeri Interiors
Grafica: Stefano Boeri Interiors
Anno: 2020

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